Finalmente ho trovato il motto latino perfetto,‘’festina lento pede’’ è la parola d’ordine per tutti gli acquerellisti, dilettanti e non, il detto si riferisce alle qualità che l’acquerellista deve avere sommamente: Decisione e pazienza.
E qui, se mi permettete, mi dilungo: Decisione per mettere i colori una volta sola e non impastarli; pazienza per aspettare che l’acqua (il medium) evapori. Questo vale anche per il lavoro en plein air, dove queste qualità sono ancor più importanti.
A questo proposito ricordo un episodio, uno dei tanti della mia piccola vita pittorica: uscito con il ‘’Maestro’’ in campagna, d’estate, in Toscana vedemmo pascolare una mandria ‘’forse un branco’’ di buoi toscani (maremmani?) bianchi, giganteschi, ai nostri occhi, enormi. Visti, detto fatto, ci fermammo, scegliemmo un posto e sciorinato l’armamentario, cominciammo a copiare. Era un'occasione straordinaria, animali quasi allo stato brado nella natura, (immagino la vostra invidia). Cominciamo a copiarli con calma, gli animali si muovono in continuazione e occorre aspettare che uno fra questi riprenda la posizione che avevamo cominciato a fissare sulla carta.
Di qui la spiegazione del primo paragrafo. Eravamo così concentrati che sentimmo la stanchezza solo verso le quattro del pomeriggio e troppo accaldati ci si fermò. Da parte mia non ho più ritrovato quegli appunti, ma ho imparato una terza regola: allenare la mia memoria fotografica e anche svilupparla, però non so se questa memoria viene ostacolata o ridotta da quattro ore di sole sulla testa!
(Nota dell’autore: vi segnalo l’uso di concetti in latino e in francese!)
Qualche volta lavorando all’aperto, se il luogo è normalmente frequentato, ci sono dei bambini che, curiosi, corrono a vedere cosa sto facendo.
A loro non interessa il quadro, né tantomeno il disegno. Accorrono istintivamente pensando (forse hanno ragione) che sia un nuovo gioco, e per spirito di imitazione vengono di corsa per poter, chissà come, replicarlo.
Quando dopo pochi secondi si accorgono che per loro non è un gioco, improvvisamente si fermano, girano le spalle e corrono via, con la stessa grazia infantile con cui sono venuti.
Quello che scrivo è la scusa per il titolo del piccolo brano. Il mio primo pensiero (obbligo) è che non ci si deve far ingannare dall’ apparente facilità degli oggetti perché contrariamente alla grammatica, per un pittore, non sono oggetti, ma “soggetti”!
La Pittura permette quindi miracoli! Dunque non si osservi l’oggetto per lo scopo per cui è stato fatto , ma si cerchi di sintetizzarne le linee componenti cercandone il ritmo, e con uno sforzo di concentrazione maggiore (difficile) i colori le loro attinenze e le loro variazioni in termini di accostamenti e le luci e le ombre tenendo conto dello sfondo. Si noterà che quegli oggetti che a prima vista costituiscono un semplice esercizio scolastico possono essere “interpretati” dal pittore che astrae dagli oggetti e dal loro uso.
L’attrazione o la capacità di sintesi di oggetti per sé inanimati è il motore che accende la nostra visione e la possibilità di interpretarli disegnandoli per il nostro piacere e perché no, per la nostra ricerca.
Alla bocciofila Recalcati era chiamato così dal numero del tram che guidava. Nessuno lo conosceva con un nome diverso, quello anagrafico intendo.
Sui campi di bocce passava ogni sera il suo tempo libero. Era un omone molto quadrato, serio e di poche parole, si capiva concentrato a causa del suo lavoro, fiero di guidare una Carrelli. Era come se dal tram non fosse mai sceso, aveva anche una leggera aria di superiorità dovuta al suo lavoro di grande responsabilità e di prestigio.
A Milano nel secolo scorso i tranvieri, godevano di grande considerazione nella città, e di ciò era conscio, la sua aria di superiorità si manifestava nella relazione che aveva con chi considerava al suo livello cioè i due osti, il sor Rinaldo e il sor Augusto. Il sor Rinaldo, responsabile dei campi da gioco delle bocce, un tipo magrolino con i capelli argentei e tutto nervi oste in seconda, si noti che nel dopo guerra erano tutti magri!
Il signor Augusto, sempre occupato a mescere vino e a travasare bottiglie. Si noti che il vino era rosso e di due qualità o Barbera o Freisa. L’aria di superiorità che aveva il Vintûn non diminuiva neanche quando alla sera sua moglie l’Elvira veniva a recuperarlo per andare a casa. nIl Vintûn lasciava la bocciofila con il suo incedere da manovratore.
Dovete immaginare come il lavoro del pittore sia duro, soprattutto psicologicamente, lavora in modo personale, segue le proprie idee, nota soltanto le sue osservazioni, e non ha durante il lavoro alcun riscontro.
La soddisfazione gli nasce, dopo il lavoro fatto alla cieca, dagli elogi, dalle attestazioni di stima e detto brutalmente, dal successo. Mi è capitato uscendo in montagna per un lavoro sul paesaggio di trovarmi su una strada asfaltata in salita e tutta a curve, lentamente scelgo il posto all’ombra dove installarmi e quando terminata tutta la mia piccola organizzazione, non ci crederete, ma è vero, è passata un’automobile e guardando la tela bianca, mi ha gridato con gioia ed entusiasmo: che bello!
Io son sicuro che questi sprazzi di entusiasmo vengono a chi vede un pittore solitario, visto che non sò in tutta Italia, ma in gran parte delle città è vietata la pittura all’aperto, e se volessi essere caustico, non sono vietati i graffiti, d’altra
parte è bene che i graffitari si allenino visto che a scuola hanno imparato, a scrivere, e il pubblico a cui si rivolgono è certamente meritevole di allenarsi a leggere.
(Nota dell’autore:
non indico il numero di semianalfabeti in Italia)